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Cibi Genuini

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Scarsa educazione alimentare a scuola

[Riceviamo e pubblichiamo questo interessante articolo sull’educazione alimentare a Scuola]   “Si sente tanto parlare di scuola nuova, scuola buona, scuola moderna; in realtà La Scuola dovrebbe essere solo ed esclusivamente Scuola nell’accezione più autentica del termine, senza aggettivi. Ossia un’Istituzione che, attraverso l’insegnamento dei fondamenti dell’istruzione e dell’educazione, riesca a formare compiutamente le giovani generazioni, affinché sappiano inserirsi consapevolmente nella società cui appartengono ed in cui saranno chiamate ad operare e risolvere responsabilmente i problemi che la convivenza sociale di volta in volta propone.   Tali finalità impongono che la Scuola, nella sua qualità di promotrice dello sviluppo morale e civile, oltre che intellettuale degli alunni-studenti, debba consentire loro una presa di contatto sempre più vasta con la realtà che li circonda, e una presa di coscienza dei problemi che affliggono la società, perché è nella Scuola che si riflettono i contrasti e le contraddizioni della società e della cultura in cui viviamo e che è necessario conoscere nelle loro matrici e nei loro riflessi educativi per poterli interpretare e risolvere.   Ebbene, una Scuola così delineata dovrebbe contemplare tra le materie di studio, l’educazione all’alimentazione e alla salute. E’ universalmente riconosciuto che la salute sia il primo bene da salvaguardare e, altresì, che un’ottima condizione fisica derivi principalmente da una equilibrata alimentazione, oltre che da una adeguata attività fisica e da corretti comportamenti di vita. E’ stato scientificamente provato che l’insorgere di varie patologie sia legato ad errori alimentari.   Si è appurato che anche la prevenzione dei tumori parte dall’alimentazione. Recenti studi hanno dimostrato che le persone in forma fisica perfetta, per una equilibrata e corretta alimentazione, hanno minori probabilità di ammalarsi rispetto a persone in sovrappeso, perché le terapie hanno più immediata efficacia. Affrontare con alunni e studenti le problematiche legate all’alimentazione (anoressia, bulimia, obesità, sovrappeso, ecc.) ed anche le altre problematiche ad essa direttamente connesse (droga, alcool, ecc.), significa far comprendere loro, scientificamente, l’entità dei problemi, ed indurli concretamente ad acquisire strumenti e comportamenti per una vita salutare, contribuendo in tal modo al benessere sociale collettivo.   Attualmente, nella Scuola italiana, l’educazione alla alimentazione e alla salute è pressoché assente dai piani di studio, sia del primo ciclo (primaria e secondaria di 1° grado), che del secondo ciclo (licei, istituti professionali e istituti tecnici) e la riflessione sulle problematiche alimentari è tutt’al più legata al timido tentativo di qualche docente volenteroso che ritaglia alcune ora nell’arco dell’intero anno scolastico, oppure è relegata nell’ambito di qualche progetto facoltativo, nel ventaglio delle innumerevoli proposte didattiche del POF (piano dell’offerta formativa) a cui è dedicato generalmente un monte ore limitato.   Bisognerebbe, invece, che tra le materie di insegnamento, a cominciare dalla scuola primaria in cui si gettano le basi della formazione, e fino all’ultima classe della secondaria superiore, trovasse spazio quella relativa all’alimentazione e alla salute, con pari dignità rispetto alle altre materie del relativo piano di studi, nella consapevolezza di quanto sia importante diffondere la Cultura dell’alimentazione per i riflessi che essa riverbera sulla salute della persona e quindi sulla qualità della vita, contribuendo così al benessere generale.   Ci auguriamo, pertanto, che il legislatore, nel riordinare e rimodulare il sistema scolastico, vorrà prestare attenzione anche alla revisione, ormai ineludibile, delle discipline dei piani di studio dei vari indirizzi scolastici inserendo, a pieno titolo e con pari dignità, l’educazione all’alimentazione e alla salute”.   Beatrice Cavaleri, Avvocato e già Dirigente Scolastico   [Nota sull’autrice: L’avvocato Cavaleri dopo aver maturato un’esperienza di diversi lustri nella Scuola, come Dirigente Scolastico ha partecipato, insieme ad altri Presidi d’Italia, dal 1995 al 1997, a quel Laboratorio che ha riunito le energie più feconde del panorama italiano di allora, il cui contributo ha trovato realizzazione nella legge Bassanini (L. 59/1997), considerata una pietra miliare della legislazione scolastica, per aver riformato il sistema scolastico e varato, tra l’altro, l’autonomia scolastica e la dirigenza dei Capi d’istituto.]        

Conserve pomodoro

Sarà davvero passata di pomodoro Italiana?

Sarà davvero passata di pomodoro Italiana? Questa è la domanda che, recentemente, la maggior parte degli italiani si pone quando sosta, al supermercato, davanti all’espositore della salsa di pomodoro. Si perché, parliamoci chiaro, la notizia che il condimento più utilizzato dagli italiani (assieme all’olio extravergine d’oliva), una delle icone dell’italianità nel mondo, potrebbe essere, in realtà, pomodoro cinese, fa accapponare la pelle. L’argomento, di cui sul web si parlava già da un pò (e non soltanto in riferimento ai pomodori), è tornato prepotentemente alla ribalta dopo la messa in onda di un servizio/reportage della iena Nadia Toffa, che fingendosi un possibile acquirente italiano si è recata in Cina per confrontarsi con i “fornitori”. L’idea del reportage nasce dal fatto che alcune aziende produttrici italiane (il numero è imprecisato, ma ci auguriamo che siano poche) mettono in commercio salsa di pomodoro che nell’etichetta, della confezione, riporta frasi quali: prodotto in Italia, made in Italy, gusto italiano, coltivato in Italia, il tutto, spesso, condito dall’esibizione del tricolore, senza che, nella salsa prodotta, ci sia un pomodoro italiano. A questo punto la domanda è: ma allora che pomodori ci sono nella salsa che sto mangiando? La risposta, ammesso che sia possibile, è ancora più sconvolgente della domanda ed è: nessuno, nel senso che non si tratta di pomodori, nudi e crudi, ma, la salsa è prodotta dalla diluizione di una “pasta di pomodoro”, cioè un superconcentrato di pomodoro, prodotta in Cina con pomodori cinesi. Dalle confidenze che il rappresentante dell’azienda cinese ha reso alla Toffa, emerge chiaramente che gli importatori italiani sono, peraltro, interessati esclusivamente al risparmio sul prezzo arrivando, addirittura, ad acquistare “pasta di pomodoro” già scaduta. Ma come è possibile tutto ciò? Questo non è certo un mistero, perché la legislazione vigente consente di considerare come italiano qualsiasi prodotto la cui “lavorazione sostanziale” si svolga in Italia. Nel caso che stiamo trattando per “lavorazione sostanziale” si intende che la diluizione del superconcentrato avviene in Italia, e per questo motivo, il prodotto finale, si può considerare italiano. L’unica informazione che la legge tutela, cioè punisce chi mendacemente riporta questa indicazione sull’tichetta è “100% pomodori italiani”. Quindi, l’indicazione “100% pomodori italiani”, posto sull’etichetta di una salsa di pomodoro, dovrebbe (ed il condizionale è d’obbligo in questi casi) garantirci un minimo di sicurezza in più. Ricordiamo a tutti che il problema non riguarda soltanto la salsa di pomodoro, ma il problema di tracciabilità delle materie prime riguarda anche altri prodotti quali: minestroni surgelati, formaggi, paste ripiene e insaccati (dei quali abbiamo già parlato), ecc.. Continuando ad approfondire l’argomento, nel reportage, emerge che, da analisi effettuate in laboratorio, su un campione di superconcentrato cinese, questo conteneva antiparassitari cancerogeni considerati illegali, già da tempo, in tutta l’Unione Europea. Si deve, ulteriormente, considerare che la Repubblica Popolare Cinese utilizza dei parametri, per la regolamentazione dell’utilizzo di pesticidi, molto diversi dai nostri, potremmo definirli “di manica larga”. Segnaliamo che l’art. 4, comma 49, della legge n. 350/2003 indica che se c’è pericolo di inganno nei confronti del consumatore circa l’origine geografica del prodotto (cioè quello di ritenerlo erroneamente italiano), l’indicazione espressa sulla sua provenienza non impedisce di considerare “mendaci” le altre indicazioni e di sanzionarle, di conseguenza l’etichetta è penalmente illecita. La legge n. 350 del 2003, quindi, tratta con sanzione penale, l’indicazione “menzognera” che ha come finalità quella di trarre in inganno il consumatore. Ricordiamo, ancora, che l’art. 2, par. 1, lett. a) della dir. 2000/13, come anche l’art. 2 del d.lgs. n. 109/92, indica, come principio generale del sistema di etichettatura, il divieto di indurre il consumatore in errore circa l’origine e la provenienza geografica dell’alimento. In questo difficile panorama l’unico consiglio che ci sentiamo di darvi, a parte lo scegliere, al supermercato, salse che in etichetta riportino la dicitura “100% pomodori italiani” che, come ricordiamo, è un’indicazione tutelata dalla legge, è quello di fare la salsa in casa, essendo, il procedimento molto semplice e poco dispendioso in termini di danaro, l’importante è avere abbastanza tempo per la realizzazione della conserva (di vero pomodoro italiano).

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